La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22593 pubblicata il 05.08.2025, l’occasione per riflettere, ancora una volta, sul tema della graduazione delle sanzioni disciplinari e sull’interpretazione delle clausole generali contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
La vicenda processuale trae origine da un episodio occorso all’interno del parcheggio aziendale, in cui un lavoratore, dopo essere giunto a bordo di un veicolo condotto da terzi, ha posto in essere un comportamento oggettivamente lesivo nei confronti di un collega, sputando sulla sua autovettura e danneggiandone lo specchietto retrovisore. A fronte di tale condotta, il datore aveva irrogato la sanzione espulsiva, ritenuta legittima dalla Corte d’appello di Napoli, ma successivamente cassata dalla Suprema Corte.
Il giudice di prime cure aveva optato per una sanzione conservativa, ricondotta alla clausola generale di cui all’art. 53, lett. h, del CCNL gomma-plastica, che punisce con multa o sospensione il lavoratore che trasgredisca alle disposizioni contrattuali o ai regolamenti interni, ovvero commetta mancanze idonee a ledere disciplina, morale o igiene.
Diversamente, la Corte territoriale aveva qualificato la condotta come rientrante nell’ambito delle «gravi infrazioni» previste dall’art. 54 del medesimo contratto, per le quali è contemplata la sanzione del licenziamento, sottolineando il contrasto del comportamento con basilari regole di convivenza civile e con i principi di etica e moralità.
La Cassazione, tuttavia, ha valorizzato un diverso itinerario argomentativo.
Anzitutto, ha chiarito che l’art. 53 del CCNL non circoscrive la propria portata a condotte di natura omissiva, potendo ben ricomprendere anche atti commissivi, come quello oggetto di giudizio.
In secondo luogo, ha osservato che la mera gravità della condotta non rappresenta, nell’impianto normativo contrattuale, un criterio dirimente per distinguere tra sanzioni conservative ed espulsive.
Infine, la Corte ha sottolineato come l’art. 54 richieda, ai fini del licenziamento, che la condotta del lavoratore si configuri come una grave infrazione alla disciplina in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, ovvero come un’azione delittuosa in tale contesto.
Nel caso di specie, essendo il fatto verificatosi prima dell’inizio dell’orario lavorativo, è stata esclusa quella “connessione funzionale” con la prestazione che avrebbe potuto legittimare la sanzione espulsiva.
Da qui la decisione di cassare con rinvio.