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L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con nota n. 616 del 3 aprile 2025, ha fornito un chiarimento interpretativo in merito alla possibilità di erogazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in forma mensile anticipata, con particolare riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato e stagionale.

Secondo quanto precisato dall’INL, eventuali pattuizioni – sia di natura collettiva che individuale – aventi ad oggetto il TFR possono legittimamente prevedere esclusivamente un’anticipazione dell’importo accantonato fino al momento dell’accordo. Non è invece ammissibile la corresponsione automatica, su base mensile, delle quote maturate, poiché ciò comporterebbe una trasformazione della natura del TFR, assimilandolo a un ordinario emolumento retributivo, con conseguente assoggettamento a contribuzione previdenziale e a tassazione ordinaria.

Il TFR rappresenta, infatti, una componente retributiva differita, costituita da accantonamenti annuali rivalutati periodicamente, ai sensi dell’art. 2120 del codice civile. Proprio in virtù della sua natura differita, esso non è soggetto a contribuzione previdenziale, né a tassazione ordinaria, ma è assoggettato al regime di tassazione separata.

L’art. 2120 c.c. consente l’erogazione anticipata del TFR in presenza di specifici presupposti: un’anzianità minima di otto anni presso lo stesso datore di lavoro; un limite massimo pari al 70% del TFR maturato; e comprovate necessità quali spese sanitarie straordinarie o l’acquisto della prima casa per sé o per i figli. In via eccezionale, la legge n. 190/2014 (art. 1, comma 26) ha previsto, per il solo periodo sperimentale 1° marzo 2015 – 30 giugno 2018, la possibilità per i lavoratori del settore privato, con almeno sei mesi di anzianità, di optare per la liquidazione mensile del TFR direttamente in busta paga.

Al di fuori di tali ipotesi tassativamente previste, il TFR deve essere liquidato unicamente alla cessazione del rapporto di lavoro, in quanto destinato a costituire una forma di sostegno economico differito. Una sua erogazione mensile, priva di base legale, snaturerebbe la funzione dell’istituto, che verrebbe a confondersi con la normale retribuzione, perdendo la propria qualificazione giuridica di prestazione differita.

L’INL, richiamando altresì la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sent. n. 4670/2021), chiarisce che una pattuizione – anche in forma collettiva – non può derogare al principio di indisponibilità della natura retributiva differita del TFR mediante una “mensilizzazione” sistematica e automatica. In tale ipotesi, le somme erogate assumerebbero la natura di retribuzione corrente e sarebbero pertanto soggette a contribuzione obbligatoria.

Di conseguenza, qualora il personale ispettivo riscontri un’illegittima erogazione mensile del TFR, è tenuto ad adottare un provvedimento di disposizione ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. n. 124/2004, con il quale si intima al datore di lavoro l’obbligo di accantonare le quote impropriamente anticipate. L’eventuale inottemperanza al provvedimento determina l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da € 500 a € 3.000, non sanabile tramite diffida (art. 13, comma 2, D.lgs. n. 124/2004), e fissata in misura fissa pari a € 1.000.

Si rammenta infine che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, per effetto dell’art. 1, commi 756 e 757, della legge n. 296/2006, i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti sono obbligati a versare le quote di TFR al “Fondo per l’erogazione del trattamento di fine rapporto ai lavoratori dipendenti del settore privato”, istituito presso l’INPS. Tale obbligo, regolato anche dal D.M. 30 gennaio 2007, assume natura previdenziale, in quanto il Fondo è assimilato a una gestione previdenziale obbligatoria, soggetta ai principi di automaticità delle prestazioni (art. 2116 c.c.). Le somme versate, pertanto, sono indisponibili, salvo le ipotesi e nei limiti di anticipazione previsti dalla normativa vigente.