La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24538 depositata il 02.12.2015, chiarisce l’ambito di applicazione dell’art. 2087 c.c. e relative connessioni.
Detto articolo disciplina la tutela delle condizioni di lavoro affermando che “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Orbene, la Corte ha più volte statuito che l’art. 2087 c.c. riguarda esclusivamente il rapporto di lavoro subordinato, presupponendo l’inserimento del lavoratore nell’impresa del datore (cfr. ex multis Cass. sent. n. 7128/13).
Tuttavia, prosegue la Cassazione, la predisposizione di un ambiente salubre ed esente da rischi costituisce a carico dell’imprenditore un obbligo nei confronti anche del collaboratore coordinato che per l’esecuzione del contratto debba operare all’interno dell’impresa, da cui deriva sia una responsabilità contrattuale, sia una possibile responsabilità penale (cfr. Cass. pen. sent. n. 35534/15).
Infatti, tale obbligo è disciplinato a livello normativo dall’art. 66 d.lgs. n. 276/2003, oggi abrogato dall’art. 52 d.lgs. n. 82/2015 (Jobs Act), e che trova applicazione nei contratti ancora in atto.
Il decreto del 2015 citato, all’art. 2, prevede però che dal 01.01.2016 si applichi la normativa del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Questo trova fondamento anche nei principi fatti propri dall’Unione Europea che soccorrono in via interpretativa ed in particolare la Raccomandazione del Consiglio relativa al miglioramento della protezione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi che al punto 1) raccomanda agli Stati membri di promuovere, nel quadro delle loro politiche, la sicurezza e la salute dei lavoratori autonomi, tenendo conto anche della specificità della relazione tra gli stessi e le imprese.
Si può quindi affermare che anche anteriormente al Jobs Act trovino per par condicio applicazione obblighi e responsabilità datoriali.
Il caso di specie, poi, riguardava un medico specialista (nella branca oncologica) interno ad una Usl che denunciava condotte “mobbizzanti” dell’Azienda sanitaria medesima specie in riferimento al trasferimento della sua attività ambulatoriale dal presidio ospedaliero ad una struttura ed in spazi inappropriati.
Difettando l’illegittimità della condotta datoriale, la Corte ha respinto il ricorso.