Con ordinanza n. 26320 del 09 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che, per essere valido, l’accordo con cui un dirigente accetta una riduzione della propria retribuzione deve essere formalizzato in una delle "sedi protette" previste dalla legge, anche se il cambiamento non comporta una modifica delle mansioni.
Così decidendo la Corte ha definito una disputa tra un’azienda e un dirigente riguardante un accordo volto a gestire le difficoltà economiche dell’azienda.
L’accordo prevedeva una riduzione del 10% dello stipendio, con rinuncia da parte del dirigente a quanto stabilito dal Ccnl sul trattamento minimo complessivo garantito. Successivamente alla firma, il dirigente si è dimesso per giusta causa, impugnando l’accordo economico sottoscritto.
In primo grado, il Tribunale di Lodi aveva respinto la domanda, ma la Corte d’Appello di Milano ha poi dichiarato nullo l’accordo, sostenendo che violava le norme previste dall’articolo 2103 del Codice civile, che richiedono la convalida in una sede protetta, a maggior ragione se non vi è alcun cambio di mansioni.
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che il principio dell’irriducibilità della retribuzione stabilisce che lo stipendio pattuito all’assunzione non può essere ridotto, nemmeno con un accordo tra datore e lavoratore. In base alla legge, sono possibili modifiche peggiorative solo in caso di cambio di mansioni e solo se formalizzate in sede protetta, altrimenti l’accordo è nullo.
Inoltre, la Corte ha ricordato che se la retribuzione è irriducibile, a meno che non vi sia un accordo in sede protetta e un mutamento di mansioni, a maggior ragione è irriducibile in assenza di queste condizioni.
Di conseguenza, l’accordo per la riduzione della retribuzione del dirigente è stato dichiarato nullo, poiché non rispettava le formalità richieste dalla legge per tutelare i diritti del lavoratore, anche in assenza di un cambiamento nelle mansioni o nel livello di inquadramento.