Con il messaggio n. 1931 del 24 maggio 2023 l’INPS, a seguito delle novità introdotte dall’articolo 23 del decreto legge n. 48/2023 (decreto Lavoro), che ha modificato l’articolo 2, comma 1–bis, del decreto legge 463/1983, ha chiarito i nuovi criteri per la determinazione della sanzione prevista in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
La modifica normativa ha disposto infatti la sostituzione, nel comma 1–bis, delle parole “da euro 10.000 a euro 50.000” con le parole “da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso” e, pertanto, il nuovo comma 1–bis, stabilisce che: “L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l'importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione”.
A fronte della suddetta modifica l'INPS, nel messaggio 1931/2023, ha dettato i criteri di calcolo per la nuova sanzione, che è applicabile anche retroattivamente.
L’istituto previdenziale ha infatti precisato che la natura punitiva della sanzione prevista dalla norma, conformemente agli articoli 3 e 25 della Costituzione, alla Corte europea per i diritti dell’uomo e all’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale in ordine a fattispecie analoghe (sentenze n. 63/2019 e n. 193/2016) rende sostenibile un’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, con conseguente applicazione del principio di retroattività in “bonam partem”.
Di conseguenza, si potrà procedere direttamente all’irrogazione della sanzione come rimodulata dal decreto legge 48/2023, restando validi i procedimenti di notifica degli accertamenti e delle ordinanze–ingiunzioni, già posti in essere dall’Inps.
Vale cioè il principio del favor rei (articolo 3, comma 3, del D.Lgs n. 472/1997), in base al quale, se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e quelle posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.