LICENZIAMENTO PER GMO: NULLO PERCHE' RITORSIVO

Corte di Cassazione, ordinanza n. 18547 del 08.07.2024

24-07-2024

Se un licenziamento, sebbene motivato formalmente da un giustificato motivo oggettivo (come una crisi aziendale), è in realtà legato al rifiuto del lavoratore di accettare la trasformazione del proprio contratto da part-time a full-time o viceversa, si considera ritorsivo.

In quanto tale, rientra tra i casi di nullità che prevedono la reintegrazione del dipendente.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 18547 del luglio 2024, in merito al caso di un lavoratore che, dopo aver rifiutato la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in part-time, era stato sottoposto a procedimento disciplinare e successivamente licenziato per un preteso giustificato motivo oggettivo, legato a una crisi aziendale.

La Corte d'Appello, ribaltando la sentenza di primo grado, aveva annullato il licenziamento e ordinato la reintegrazione del lavoratore, poiché, esaminando la documentazione, non risultava dimostrato un "costante andamento negativo del reparto di macelleria" in cui il lavoratore era impiegato. Anzi, l'assenza di un reale giustificato motivo ha portato la Corte a concludere che il licenziamento avesse una chiara natura ritorsiva, poiché era stato disposto subito dopo il rifiuto del lavoratore di accettare la trasformazione del contratto e il conseguente procedimento disciplinare.

La società ha impugnato la decisione, sostenendo che la reintegrazione sarebbe applicabile solo in casi di licenziamenti discriminatori o in altre ipotesi di nullità espressamente previste dalla legge, escludendo la situazione in cui un licenziamento è conseguente al rifiuto di trasformare il contratto in part-time.

La Corte di Cassazione ha chiarito che la Corte d'Appello non ha sanzionato il licenziamento semplicemente perché avvenuto dopo il rifiuto del part-time, ma perché formalmente giustificato da una crisi aziendale inesistente, con l'obiettivo di reagire al legittimo rifiuto del lavoratore.

La Corte ha spiegato che c’è una differenza netta tra un licenziamento ingiustificato, determinato dal rifiuto di trasformare il rapporto di lavoro (ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del Decreto legislativo n. 81/2015), e un licenziamento che, come in questo caso, utilizza una crisi aziendale inesistente come pretesto. Quest’ultimo è ritorsivo perché nasconde una reazione arbitraria e ingiusta a un comportamento legittimo del lavoratore, e conferisce al licenziamento il carattere di una vendetta.

Pertanto, ha concluso la Cassazione, un licenziamento ritorsivo, pur non essendo esplicitamente previsto tra i casi di nullità dalla legge, è soggetto alla tutela reintegratoria completa, come stabilito dall'articolo 2, comma 1, del Decreto legislativo n. 23/2015.

Inoltre, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22/2024, ha eliminato qualsiasi dubbio sulla differenza tra le nullità espressamente previste e quelle non esplicite, chiarendo che tutte le nullità dei licenziamenti sono soggette al medesimo regime.