SOCIETA' IMMOBILIARI: ILLEGITTIMA L'ISCIZIONE D'UFFICIO ALLA GESTIONE COMMERCIANTI

Corte di Cassazione, sentenza n. 17328 del 25 agosto e n. 17370 del 26 agosto 2016

05-09-2016

L’INPS alla fine degli anni 2000 aveva posto in essere un’operazione, c.d. Poseidone, nel corso della quale aveva iscritto d’ufficio alla Gestione Commercianti un grosso numero di soci di società di persone o di capitali, le quali svolgevano attività di gestione degli immobili, prevalentemente come affidatarie dei beni in locazione e riscossione dei relativi canoni.
La vertenza derivava dalla diversa valutazione che l’INPS faceva dell’attività di gestione degli immobili quando questa era attuata da una società: quest’ultima veniva qualificata come “commerciale” e, di conseguenza, si considerava obbligatoria l’iscrizione del socio alla Gestione previdenziale relativa.
Tale obbligo traeva la propria fonte, oltre che dalla forma sociale summenzionata, anche da altri elementi quali la ridotta presenza di personale dipendente o lo svolgimento in proprio dell’attività necessaria alla conduzione della società.
Tutto questo veniva integrato dall’incrocio operato dall’Ente previdenziale con le dichiarazioni fiscali dei soci e il godimento di redditi d’impresa derivanti da detta attività.
I contribuenti, dal canto loro, avevano sostenuto una tesi opposta, ovvero che dal mero godimento di immobili (nella forma di riscossione di canoni locatizi) non potesse derivare l'obbligo assicurativo, essendo necessario lo svolgimento di un’attività ulteriore a titolo commerciale e tipicamente aziendale.
Per meglio comprendere la motivazione con cui la Corte di Cassazione ha definito il contradditorio tra INPS e contribuenti, è necessario comprendere anche il quadro normativo.
La disciplina relativa alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, è regolata dall’art. 29, co. 1, L. n. 160/1975, così come modificato dall’art. 1, co. 203, L. n. 662/1996, il quale prevede l’obbligo d’iscrizione alla Gestione per gli esercenti attività commerciali (di cui alla L. n. 613/1966) qualora in possesso di determinati requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata;

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli”.

Solo in presenza di questi presupposti grava sul contribuente l’obbligo di iscrizione.
In particolare, evidenza la Corte di Cassazione nelle sentenze n. 17328 del 25.08 e n. 17370 del 26.08.2016 che hanno definito l’annosa vertenza, risulta evidente che il requisito imprescindibile per l’iscrizione consiste nella prestazione da parte del socio di un’attività lavorativa abituale e prevalente all’interno dell’impresa e ciò perché l’assicurazione obbligatoria non intende proteggere l’elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma accomunare i commercianti (così anche i coltivatori e artigiani) ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale e prevalente all’interno dell’impresa (cfr. Cass. SS.UU. sent. n. 3240/2010).
Tuttavia, il mero svolgere attività di riscossione dei canoni di un immobile affittato, non costituisce attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che detta attività sia esercitata da una società commerciale (cfr. Cass. sent. n. 3145/2013), salvo si dia prova che costituisca attività di intermediazione immobiliare, onere della prova a carico dell’Istituto.
Concludendo quindi, non bastano gli indizi della natura commerciale dell'attività (forma societaria, personale dipendente ridotto o assente, dichiarazioni fiscali, reddito, ruolo organizzativo e di responsabilità), ma è necessaria la prova da parte dell’INPS di un’attività aggiuntiva veramente commerciale, come ad esempio l'assunzione di un ruolo attivo di intermediazione immobiliare, la predisposizione e il conferimento di servizi a terzi o comunque un'attività ulteriore rispetto alla riscossione dei canoni.
Alla luce di quanto appena esposto appare quanto meno doverosa l’impugnazione dell’avviso di addebito dell’INPS eventualmente notificato al socio per gli importi asseritamente dovuti a seguito dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Commercianti.